Se volessimo considerare criteri filologici rigidi, la mostra Nel tuo tempo non può essere considerata una retrospettiva antologica, dato che Olafur Eliasson e il curatore Arturo Galansino hanno scelto soltanto alcune opere, non certo in maniera esaustiva, ma significative per marcare il percorso creativo dell’artista, disposte secondo le possibilità offerte da un edificio antico, complesso, particolare come Palazzo Strozzi. Questa esigenza è l’aspetto più interessante, ma anche la criticità della mostra. Da una parte, vedere le luci e le ombre riflesse attraverso le finestre e nelle stanze dell’antico palazzo rinascimentale, poter interagire con la posizione e il movimento del corpo del visitatore, ha il suo fascino, notevole e unico, soprattutto quando l’arte non è soltanto visione, ma anche azione. Dall’altra, il visitatore, che niente o poco conosce dell’arte di Eliasson, si confronterà con un percorso non organico che scarsamente aiuta a comprendere in ottica diacronica lo sviluppo dei suoi lavori artistici.
L’idea che l’artista aveva in mente è quella che ha espresso nel testo scritto per il catalogo, cioè quella di concepire Palazzo Strozzi “non tanto come un ospite passivo, come uno sfondo, o persino un contenitore per l’esposizione, ma piuttosto come un co-produttore della mostra stessa” dopo aver compiuto “un viaggio nel tempo dalla sua origine nel Rinascimento come palazzo di proprietà della potente famiglia degli Strozzi, al suo odierno ruolo di spazio che accoglie centri di ricerca e mostre”. La prima opera che il visitatore incontra nel cortile, Under the weather, è una metafora di questo incontro tra palazzo e visitatori: una grande ellissi sospesa che, attraverso l’effetto moiré (quello che si ottiene sovrapponendo due trame uguali con angolatura diversa), ha lo scopo di determinare sullo spettatore “uno spiazzamento percettivo attraverso un gioco di interferenze visive” per destabilizzare “l’impressione della rigida architettura ortogonale di Palazzo Strozzi, mettendo in discussione la sua percezione di struttura storica stabile e immutabile” come dice Galansino nel suo testo sul catalogo della mostra.
Nelle prime tre sale del piano superiore, si trovano opere molto simili tra loro. La prima che s’incontra è Triple seeing survey ed è forse l’opera più sorprendente: la luce proiettata dai faretti sistemati nel cortile filtra attraverso i finestroni di Palazzo Strozzi e crea come dei doppi riflessi sulla parete, con la riproduzione anche di tutte le irregolarità dei materiali. La sala viene trasformata in una sorta di loggia coperta, l’aspetto dell’ambiente viene pesantemente alterato, dove domina l’oscurità come in una galleria. Nella sala successiva si trova Tomorrow: il principio è simile, ma la luce viene da fuori ed è colorata attraverso appositi filtri per offrire al pubblico la suggestione di un’alba o di un tramonto, con una sensazione di lieve straniamento, perché il visitatore può scorgere le ombre delle persone che si trovano dall’altra parte dello schermo, senza capire come accedere a questo secondo spazio, finché non si spingono più avanti lungo il percorso espositivo.
Le rimanenti sale presentano alcune installazioni storiche e altre recenti di Eliasson, creando un percorso coinvolgente tra nuove realizzazioni e opere storiche che utilizzano elementi come il colore, l’acqua e la luce per creare un’interazione con nostri sensi e lo spazio rinascimentale dove sono ospitate, sempre esaltando il ruolo del pubblico come parte integrante delle opere.
Si comincia con How do we live together, il grande arco montato su specchio appeso al soffitto che da un lato offre l’illusione di un enorme anello che occupa la sala, e dall’altro estende lo spazio fisico col mezzo della riflessione per mezzo di un grande specchio, offrendo un’ulteriore sensazione di spiazzamento al pubblico. Si prosegue con una serie d’installazioni luminose: Solar compression, Red window semicircle e Triple window conducono all’interno di ambienti dove faretti proiettano luci colorate nello spazio creando effetti diversi e sorprendenti. Si incontra uno spettacolare passaggio - Beauty, una delle prime opere di Eliasson, oltre che tra i suoi lavori più originali – nel quale, al centro di una sala cupa, una pompa crea una nebbia artificiale su cui si riflette un arcobaleno che cambia secondo la percezione del pubblico, che si muove all’interno dell’ambiente, con l’obiettivo, spiega lo stesso Eliasson, “di oscillare avanti e indietro tra due posizioni: vedere l’arcobaleno, non vedere l’arcobaleno, vedere e non vedere”. Le ultime due sale del piano nobile, ospitano le caleidoscopiche installazioni Firefly double-polyhedron sphere experiment e Colour spectrum kaleidoscope, per terminare nella Room for one colour, una stanza che ci accoglie con un’accecante luce gialla.
Eliasson è artista interessato a tematiche quali il cambiamento climatico, l’inclusione, il rapporto con gli altri. Queste opere nuove, realizzate site specific, se le si considerano da un punto di vista esclusivamente artistico, senza caricarle della valenza dovuta al luogo che le contiene (proprio perché legate all’edificio sono opere che non rivedremo mai più, se non in una seconda mostra di Eliasson a Palazzo Strozzi) probabilmente deluderanno chi, dalla mostra fiorentina, s’aspettava nuovi lavori fortemente innovativi, in grado d’imprimere un’ulteriore svolta al lavoro di Eliasson, sotto la spinta delle urgenti contingenze del nostro tempo attuale.
Nel corso degli anni – dice Olafur Eliasson – nel far arte, ho costantemente esplorato questioni riguardanti lo spazio, il tempo, la luce e la società. Sono particolarmente interessato a come la luce di uno spazio determini il modo in cui vediamo quello spazio e, allo stesso modo, a come la luce e il colore siano effettivamente fenomeni dentro di noi, dentro i nostri occhi.
L’arte di Olafur Eliasson si basa su tre fattori: quello ottico, causato da fenomeni puramente ottici; quello percettivo, generato dalla fisiologia dell’occhio umano; quello cognitivo, dovuto all’interpretazione che il cervello dà alle immagini. Il continuo interagire di questi tre fattori determina l’approccio con cui, secondo l’artista, lo spettatore si pone di fronte alle sue opere. Le opere ci invitano a divenire consapevoli - dice – dei nostri corpi, delle nostre menti, delle nostre emozioni, a guardare dentro di noi per riflettere sul modo in cui vediamo, in cui ci moviamo, su come trascorriamo il tempo con l’arte.
Per concludere, se vogliamo chiederci quale sia il nostro tempo rispetto al valore concettuale dell’arte di Eliasson, dopo aver visitato la mostra di Palazzo Strozzi, alla ricerca di un possibile significato complessivo, possiamo azzardare questa risposta: per Eliasson, il nostro tempo è anzitutto un tempo condiviso, fatto di percezioni individuali, ricordi, pensieri ma anche percezioni collettive, implica una riflessione sul concetto di “noi globale” sul quale l’artista ha spesso lavorato in passato, ma che adesso dichiara di voler rielaborare alla luce del fatto che eccedere nelle universalizzazioni potrebbe essere poco ragionevole oltre che poco adatto a rispondere alle sfide del presente. Probabilmente è su queste idee concettuali che si orienterà in futuro il lavoro di Eliasson.
L’artista islandese-danese Olafur Eliasson (1967) lavora con la scultura, la pittura, la fotografia, i video, le installazioni e i media digitali. La sua arte è guidata dal suo interesse per la percezione, il movimento, l’esperienza vissuta, i propri sentimenti e quelli della comunità. La sua pratica non si limita ai confini dei musei e delle gallerie e coinvolge il pubblico attraverso progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambientale. Dal 1997 le sue mostre personali di ampio respiro sono state ospitate nei principali musei di tutto il mondo. Situato a Berlino, lo Studio Olafur Eliasson riunisce un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati.
Tutte le immagini sono della digital artist Helene Weifner
che si ringrazia per la gentile concessione.