La mostra DO NOT ABANDON ME di Louise Bourgeois al Museo Novecento di Firenze

Paolo Orsini • 1 settembre 2024

Tutto ciò che vogliono da te è che tu sia te stessa, senza vergogna e senza falsa vergogna. Vigliacca, signora, permetti loro di fidarsi di te! Tutto qui, non abbandonarli abdicando a te stessa.

Luise Bourgeois, Ode à Ma Mère, 1995.

Do not abandon me, la mostra di Louise Bourgeois, occupa quasi per intero le sale del Museo Novecento, dal piano terra al primo piano, e una grande opera nel centro del chiostro delle Ex Leopoldine. 

Il titolo della mostra fa riferimento alla paura dell’abbandono che Louise Bourgeois nutre da sempre e che, in questo caso, si riferisce alla diade madre-bambino, il modello di tutte le relazioni future umane e artistiche. 

La maternità e le inquietudini ad essa correlate sono al centro della concezione che Louise Bourgeois ha di se stessa. Man mano che la vecchiaia la rende più fragile e più dipendente dagli altri, lo spostamento inconscio verso la madre caratterizza il suo lavoro in modo sempre più pregnante.

stai per abbandonarmi?

e anche lui?

e lei?

e noi?

e voi?

e loro?

Mi manca disperatamente mia madre.

(Louise Bourgeois)


Louise Bourgeois è nata e cresciuta alle porte di Parigi, dove i genitori gestivano un laboratorio di restauro di arazzi. La sua infanzia è stata segnata da un rapporto complicato con la famiglia, con esperienze traumatiche che sono state una delle principali fonti di ispirazione. Dai disegni intimi alle installazioni su larga scala, realizzate in una varietà di materiali, tra cui legno, marmo, bronzo e stoffa, l’artista ha espresso i suoi stati psicologici con un vocabolario visivo formale e simbolico, che oscilla tra astrazione e figurazione. 

Emozioni come la solitudine e la gelosia, la rabbia e la paura sono state i fili conduttori del suo lavoro per tutta la vita, a volte espresse in forma ossessiva. Negli ultimi cinque anni della sua carriera, ha realizzato le gouaches che esplorano i cicli della vita attraverso un'iconografia di sessualità, procreazione, nascita, maternità, alimentazione, dipendenza, famiglia e fiori. 

La gouache (il guazzo), è un tipo di colore a tempera reso più pesante e opaco con l'aggiunta di un pigmento bianco (per esempio biacca o gesso) mescolato con la gomma arabica. Bourgeois lavora bagnato su bagnato, rinunciando a un certo controllo sul risultato finale per lasciare fare al caso. Il rosso, tra i colori preferiti e più ricorrenti nei suoi lavori, evoca i fluidi corporei, come il sangue e il liquido amniotico.

Le metafore in natura sono molto forti…

La natura è una modalità di comunicazione.

(Louise Bourgeois)

In mostra è presentata una serie di sedici stampe digitali su tessuto intitolata Do not Abandon Me (2009-10), frutto della collaborazione con l'artista britannica Tracey Emin (Margate, 1963). Si tratta di un progetto di forte empatia tra le due artiste, capace di comunicare i loro linguaggi artistici a livello universale, creando composizioni visive di elevata tensione e significanza. 

Di eccezionale impatto visivo, posto al centro del chiostro del museo, lo Spider Couple 2003, uno dei celebri grandi ragni dell'artista realizzato in bronzo. Fin dalle sue prime opere, Bourgeois ha posto come tema essenziale del suo discorso artistico il rapporto con la madre. A partire dagli anni Novanta l’ha associato all'immagine del ragno.

Il ragno rappresenta per Bourgeois un simbolo della figura materna e, come tale, portatore di significati duplici e contrastanti. Può essere interpretato come l'incarnazione di un'intelligenza estrema, una figura protettiva che provvede ai suoi piccoli costruendo una casa e assicurando il cibo, ma è anche la manifestazione di una presenza minacciosa e inquietante, espressione di ostilità, aggressività, generatore di esperienze traumatiche provenienti dal profondo dell'inconscio.

a sinistra: SPIDER (2000) acciaio e marmo - a destra: THE FRAGILE (2007)

Attraverso le sue opere, Louise Bourgeois ha esplorato le dinamiche della psiche umana sostenendo che il processo creativo è una forma di esorcismo, un modo di ricostruire ricordi ed emozioni per liberarsene.

Sebbene si sia dedicata ampiamente alla pittura e al disegno, nel corso degli anni sarà soprattutto la scultura a costruire una parte fondamentale del suo lavoro, tutto incentrato su elementi autobiografici, tensioni e traumi familiari, spesso rielaborati in chiave metaforica, determinati dal complesso rapporto con i genitori. Molte opere narrano l'esperienza sconvolgente dell'abbandono e il desiderio di connettersi con l'altro. 

Il suo mondo è fatto di intensità emotive e ossessioni, provenienti dall'inconscio. Nel tentativo di esprimere l'indicibile, utilizza una poetica del perturbante in grado di esorcizzare traumi e inibizioni, espressa con una straordinaria varietà di materiali e tecniche.

THE FRAGILE (2007) stampa digitale e serigrafia con inchiostro su tessuto, serie di 36

La grande installazione Peaux de lapin, chiffons ferrailles à vendre, è una delle ultime opere appartenenti alla serie Cells. Il titolo rimanda a un ricordo d'infanzia, quello delle grida dei raccoglitori di stracci impegnati a vendere la merce per strada. All'interno della cella l’artista ha inserito alcuni elementi scultorei che richiamano la sua storia personale e familiare, come sacchi di stoffa e pelli di coniglio.

Questi elementi sono riferibili al ventre vuoto e, per estensione, al corpo femminile, e agli animali cacciati dai suoi familiari. Anche il titolo della serie si lega a molteplici significati della parola "cell", sia come cellula che come cella, quindi tanto all'unità elementare di tutti gli organismi viventi quanto alla condizione di isolamento, separazione, reclusione che caratterizza la dimensione carceraria, monastica. 

Significati che assumono una speciale risonanza nel Convento delle ex Leopoldine che un tempo è stato ospedale, luogo di ricovero, di educazione e di reinserimento femminile, ma anche scuola e perfino prigione. 

DO NOT ABANDON ME (2000) Puntasecca su tessuto

Le Cells rappresentano vari tipi di dolore: il dolore fisico, quello emotivo e psicologico, quello mentale intellettuale. Quand'è che il dolore emotivo diventa fisico? E quello fisico quando diventa emotivo? È un circolo senza fine. Il dolore può avere origine in qualsiasi punto e muoversi in un senso o nell'altro. Ogni Cell ha a che fare con la paura. La paura è dolore. Spesso non viene percepita come tale perché si maschera sempre. Ogni Cell ha a che fare con il piacere del voyeur, il brivido di guardare e di essere guardati. Le celle ci attraggono o ci respingono. C’è questa urgenza di integrare, fondere, disintegrare.” Louise Bougeois

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