Arte Bellariva Concorso Letterario Inediti Firenze 2024

Paolo Orsini • giu 17, 2024

Il racconto: LA VOCE DELL’ULTIMA NOTTE,

premiato alla Prima Edizione del Concorso Letterario Arte Bellariva 2024

       Questa notte scriverò la lettera di dimissioni e non tornerò più in questa stanza gelida. Sono appena entrato che già il telefono squilla. Il trillo mi è insopportabile, non rispondo. Non ne posso più di ascoltare quelle voci. Monotone, ripetitive, ossessive. Ho deciso di abbandonare il servizio di volontario al centro di ascolto. Squilla anche il secondo telefono. Quasi sempre suonano in contemporanea. Vorrei prendere una sedia e spaccarli. Vomito una serie di insulti rivolto ai telefoni, nell’assurda speranza che cessino di fischiare. Sto diventando matto come questi poveracci che telefonano. 

        Prima di cominciare il servizio, voglio pensare alle dimissioni. Faccio una cosa proibita dal regolamento: sollevo i due ricevitori senza rispondere e metto in pausa le chiamate. Finalmente un po’ di silenzio. Prendo un foglio e provo a buttare giù la lettera di dimissioni. Non mi viene in mente niente nonostante siano settimane che ci penso. Cerco nel web un modello di lettera. Ne trovo uno che mi sembra adatto e lo trascrivo a mano su un foglio, lo metto in una busta che lascio nella cassetta della posta per il Presidente dell’Associazione.

        Tolgo la pausa ai telefoni e comincio quello che sarà il mio ultimo turno. Rispondo con frasi stereotipate, senza concentrazione. La mia mente è già fuori da questa stanza. Non devo impegnarmi, gli appellanti parlano senza sosta, sono conversazioni in una sola direzione. Chiamano per essere ascoltati in un mondo dove nessuno vuole mai prestare loro attenzione.

        La sensibilità dell’appellante è molto acuta, se il volontario non è coinvolto, se ne accorge subito e ti richiama all’ordine indignandosi, protestando, spesso insultandoti. Sono sempre le solite persone che telefonano, ormai li riconosco dal suono della loro voce: anziani con la vita incrostata da anni di solitudine; giovani imprigionati in un’insicurezza pervasiva al punto che nulla fanno senza prima ricevere l’autorizzazione al telefono da uno sconosciuto; persone con gravi problemi mentali invitate a telefonare da assistenti sanitari desiderosi di un po’ di tranquillità.

          Sono le tre del mattino, ancora tre ore e poi tutto questo sarà soltanto un ricordo.

         Trilla il telefono. Rispondo con la solita frase di saluto. Dall’altra parte silenzio, solo una specie di rantolo. Una situazione frequente: chi non ha il coraggio di parlare, dopo un po’ chiude la telefonata. Questo sconosciuto non riattacca, né parla. Da regolamento non posso interrompere la chiamata. Con voce calma ripeto la formula di saluto, modificando il tono per non sembrare un automa con il disco inceppato. 

         Il silenzio dell’appellante è adesso interrotto da tenui singhiozzi. Continuo a parlare, ma sono a disagio. Questa notte, non ho nessuna intenzione di ascoltare il solito pazzo depresso. Che vada al diavolo.

        Il pianto s’interrompe. Dopo qualche mugugno, qualche tirata su di naso, percepisco un “Buonasera” sforzato e flebile. Il pianto è sostituito da qualche parola che non comprendo, frasi brevi, appena sussurrate. Pare sia una donna adulta anche se si esprime con esile voce di bambina. Le rispondo senza convinzione, con frasi di circostanza, pronunciate in modo meccanico. Ogni tentativo di invitarla alla conversazione naufraga in una ricorrente e straziante formula: “non so più cosa fare, voglio solo farla finita”. Temo che sia in preda a sentimenti depressivi profondi, e possa essere dominata dal desiderio del suicidio. So che gli aspiranti suicidi non telefonano per dichiarare le loro intenzioni, ma le mettono in pratica senza avvertire nessuno. Però comincio a preoccuparmi.

        Vorrei risponderle che “non è vero che non c’è più nulla da fare, c’è sempre una via d’uscita”. Non lo faccio perché questa sera mi sento depresso anch’io e non sarei per niente credibile. 

        Adesso la donna non piange più, risponde alle mie sollecitazioni soltanto con la ripetizione ossessiva della frase, “non so più cosa fare, voglio solo farla finita”. Odio questa rompiscatole che chiama in mezzo all’ultima notte di servizio. Che si ammazzi pure, così posso chiudere la telefonata e andarmene a dormire.

        Non riattacco. Non perché me lo vieti il regolamento, piuttosto perché il mio cinismo mi ha fatto orrore. Decido di cambiare strategia. Voglio chiudere in bellezza. Rovisto nel mio cassetto mentale alla ricerca di frasi consolatorie di ogni tipo che uso con il tono di voce più coinvolto e controllato.

          La donna continua a ripetere la solita nenia: “non so più cosa fare, voglio solo farla finita”. 

        Non mi abbatto. La frase ora è come una frustata data al cavallo per farlo correre. Spingo al massimo la fantasia, pungolo la creatività. Provo a coinvolgere la donna nella conversazione. Parlo di continuo, con la massima concentrazione. Una risposta sbagliata, una frase male interpretata, può essere molto pericolosa. 

        Mentre parlo con lei, tutte le negatività che mi ero portato addosso nelle ore precedenti, il desiderio di abbandonare il servizio, il senso di oppressione che mi suscita questa fredda luce al neon sopra la mia testa, gradualmente si dissolvono.

           La donna ha percepito il mio cambiamento. Non piagnucola più. Le sue frasi si fanno lunghe, articolate e sensate. Sboccia una conversazione. Dal suo tono percepisco un affievolirsi del tormento. È una donna con una bella voce. Non pronuncia più quella nenia che mi atterriva. Mi permetto di affrontare argomenti più leggeri, di tentare qualche battuta. Mi sembra di percepire delle risate, brevi e soffocate. Contrariamente alla regola che ci vuole ascoltatori, parlo a lungo. Sono convinto che le parole, il tono della voce, il calore della partecipazione, possano attenuare la sofferenza di questa donna.

      È l’alba. Da un’ora parlo con la stessa appellante, sono sfinito, ho esaurito tutti gli argomenti di conversazione. Non mi sono mai mosso dalla scrivania, ho le ossa indolenzite, le natiche schiacciate come polpette sfatte.

         Resto muto per recuperare un po’ di energie.

        Il silenzio che segue dura a lungo, irreale e inconsueto. Poi accade una cosa e lo stupore mi scuote dal torpore. La donna rompe il silenzio con una frase che non dimenticherò: “un penny per i tuoi pensieri”, pronunciata con voce ferma e squillante, diversa da quella di bambina piagnucolosa dell’inizio della telefonata. Il tono sicuro e controllato della sua voce dimostra che la mia fatica non è stata vana.

        Ripenso a quella frase che è stata come una frustata stimolante: “un penny per i tuoi pensieri”. Il nostro è stato un reciproco aiuto. Il servizio telefonico ha concesso uno spiraglio di luce in una giornata buia a una persona sofferente e un nuovo impulso alla mia mente offuscata.

       Il servizio è terminato, mai sono stato così impegnato in un turno notturno. La sensazione di essere stato di aiuto, in modo del tutto gratuito e anonimo, a vantaggio di una persona che non conosco e non conoscerò mai, mi ha comunque lasciato in dono la forza necessaria per decidere di strappare la lettera di dimissioni.

        Apro la finestra e respiro il frizzante dell’aria mattutina. Il sole ha già dato una tinteggiata di rosa alle facciate delle case. Seguo con lo sguardo il volteggiare dei colombi sulle strade ancora deserte della città. Il cielo, da poco liberatosi del nero della notte, si presenta di un azzurro chiaro e splendente. 

        Di passo svelto, quasi correndo, torno verso casa. Mi pregusto una bella dormita, dopo la nottata di servizio. Mi sento bene, la mia felicità è costata veramente poco.

         Soltanto un penny.

Si ringraziano gli organizzatori dell’evento, il presidente dell’Associazione Arte Bellariva Orlando Poggi e il giornalista Jacopo Chiostri

Un ringraziamento speciale al presidente della Giuria Ugo Barlozzetti e a tutti i giurati, Annie Brechler, Anna Maria Dall'Olio, Paola Crisostomidis Gatti, Giusy Frisina, Yuleisy Cruz Lezcano, Margherita Oggiana, Luisa PuttiniJonathan Rizzo, Elena Tempestini per il loro prezioso lavoro di selezione e giudizio.

Un grazie particolare ai pittori Claudio Bellari, Elena Bini, Silvia Caramelli, Cristina Falcini, Enrico Guerrini, Luisa Micheli, Orlando Poggi, i cui quadri sono stati assegnati ai primi tre classificati di ciascuna delle due sezioni.

Un ringraziamento pieno di ammirazione va alla bravura della giovane soprano Eleonora Visentin che ha cantato alcuni brani da opere liriche.

Le foto sono della fotografa Cristina Tozzi effettuate sabato 15 giugno 2024 al Murate Idea Park.

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