LE PERLE DELL’ARTE DEL 2022 Gli affreschi della Cappella Brancacci visti dal ponteggio del restauro
Per una volta, l’allestimento di un cantiere è stata cosa molto gradita e, paradossalmente, ci si augura che duri il più a lungo possibile.
Si tratta di quello che si trova nella Cappella Brancacci, piccolo gioello all’interno della Chiesa del Carmine, in Oltrarno a Firenze, descritto dal pittore neoclassico Jean-Auguste-Dominique Ingres come “vera culla della pittura”. Episodio tra i più alti dell'arte di tutti i tempi, gli affreschi della Cappella Brancacci sono anche una potente sintesi dell'evoluzione della pittura fiorentina quattrocentesca.
I visitatori hanno potuto accedere ai ponteggi allestiti per il cantiere di diagnostica e restauro attivo per tutto il 2022 e ammirare così, per la prima volta da distanza ravvicinata, dallo stesso punto di vista dei pittori, gli affreschi di Masaccio, Masolino da Panicale e Filippino Lippi, commissionati dal mercante Felice Brancacci negli anni Venti del Quattrocento. Il restauro non è ancora finito, quindi potremo ammirare gli affreschi da vicino anche per quest’anno.
Sulle pareti della Cappella Brancacci, sopravvissuta al devastante incendio del 1771 che distrusse quasi completamente la Chiesa del Carmine, viene raffigurato un ciclo pittorico che rappresenta una delle più complete storie della vita di San Pietro, ispirandosi alle vicende tratte dai Vangeli, dagli Atti degli Apostoli e dalla Legenda Aurea. L’importanza e la fama della cappella si devono soprattutto al contributo di Masaccio che, seppur giovane pittore scomparso a soli ventisette anni, fu l’artefice di una nuova visione nel campo della pittura all’inizio del Quattrocento. Masaccio collaborò alla pari con Masolino, pittore più anziano di lui, poi il ciclo rimase incompiuto e venne portato a termine, una cinquantina di anni dopo, da Filippino Lippi, che ebbe anche il compito di risarcire alcuni volti che erano stati cancellati per oscurare la memoria della committenza di Felice Brancacci, caduto in disgrazia per contrasti con la più potente famiglia Medici.
La scena più celebre dell’intero ciclo, significativa per illustrare la travolgente novità della costruzione prospettica di Masaccio, è quella del Tributo. L’episodio, raccontato nel Vangelo di Matteo, viene qui illustrato attraverso tre momenti all’interno della stessa scena, che non vengono però raffigurati tutti in primo piano. Masaccio, infatti, colloca il momento del miracolo vero e proprio in secondo piano, in prossimità del lago dove si trova il pesce in cui Pietro recupera la moneta d’oro. Per bene interpretare questo episodio bisogna osservare i gesti e gli sguardi dei personaggi, cosa possibile soltanto dal ravvicinato punto di vista, permesso dal ponteggio del cantiere. Una scena in cui la natura e l’architettura si fondono in uno spazio prospettico che ci mostra chiaramente come Masaccio sia riuscito a gestire in maniera inedita ed eccellente la dimensione spaziale. È possibile, cosa più difficile se si resta al piano terra, osservare le aureole, non più piatte e astratte, rispetto al contesto, ma ideate e riprodotte come oggetti concreti che fendono lo spazio circostante. La luce, elemento centrale nella pittura di Masaccio, è rappresentata nell’affresco come fosse proveniente dall’apertura realmente presente nella muratura della cappella e, di conseguenza, le ombre vengono dipinte tenendo conto di questo aspetto.
Molto agevole è il confronto, celebrato in tutti i libri di storia dell’arte, tra le due scene raffiguranti Adamo ed Eva, una dipinta da Masolino e l’altra da Masaccio. La Tentazione è più rovinata rispetto alla Cacciata e quindi il confronto forse non può essere completo e sincero fino in fondo, ma è sufficiente osservare come vengono raffigurati Adamo ed Eva per comprendere l’orizzonte di ciascuno dei due artisti. Quelle raffigurate da Masolino sono figure composte ed eleganti, la morbidezza della loro carne è resa dal pittore con un leggero chiaroscuro, mentre la loro fierezza è espressa attraverso gli sguardi orgogliosi, che si possono ben notare grazie alla vicinanza con l’affresco. Nella Cacciata del Masaccio i corpi trasmettono la vergogna e il dolore provati per mezzo dei gesti e delle espressioni, soprattutto nel volto di Eva, ma pure in quello di Adamo, anche se si copre il volto con le mani. Masaccio conferisce alle rappresentazioni dei suoi uomini e delle sue donne una grande personalità, fatta di forti emozioni e di specchiati sentimenti.
Osservando da vicino i personaggi delle altre scene, notiamo che ognuno ha una sua spiccata personalità, una dignità proveniente dalla consapevolezza di essere protagonista degli avvenimenti in cui si trova coinvolto, una composta coscienza della propria presenza nello spazio circostante. Nella pittura di Masaccio la composizione è ridotta all’essenza, ma è proprio grazie a quell’essenzialità di linea e di volume che riesce a raffigurare l’uomo nella sua grandezza e a portarlo al centro della scena. Masolino, legato al gusto della pittura tardogotica, ancora dominante nell’ambiente fiorentino, come elemento importante della sua concezione pittorica si sofferma, invece, sulla rappresentazione dei dettagli, non soltanto dei personaggi ma anche delle architetture. Soltanto grazie al ponteggio del cantiere che permette un’osservazione da un punto di vista molto ravvicinato, è possibile ammirare in tutta la loro raffinata ricchezza una grande varietà di dettagli.
Secondo il Vasari, la Cappella Brancacci avrebbe avuto un’importanza fondamentale nella storia dell’arte, influenzando molti pittori delle generazioni successive, che si sono formati con l’attenta osservazione delle pareti di questa cappella e nelle sue Vite ne riporta un nutrito elenco, affermando che tutti coloro che si erano esercitati ed avevano studiato in quella cappella erano diventati “eccellenti e chiari”.